Curiosando nella Storia
In viaggio tra i secoli
Archeologia del Natale La notte della luce
L’anno della nascita di Gesù (anno zero della nostra era) e’ stato fissato al 754 ‘ab urbe condita’ (cioè dalla fondazione di Roma) solo nel VI secolo dal monaco scita Dionigi il Piccolo (Dionysius Exiguus), in base a un passo del Vangelo (scritto in greco da Luca non contemporaneo di Cristo), per il quale il Battista avrebbe iniziato la predicazione nel sedicesimo anno di Tiberio, quando Gesù aveva 30 anni. Sembra comunque, in base ad altri passi dello stesso Vangelo di Luca e di quello, scritto in aramaico, di Matteo, discepolo del Messia, che Gesù sia stato concepito e generato prima della morte di Erode il Grande, che lo storico Giuseppe Flavio fissa nella sua “Guerra Giudaica” al 750 ‘ab urbe condita’ e quindi la data suddetta andrebbe spostata indietro di quattro anni.
D’altronde, ancora Luca dice, però, che Maria dovette recarsi a Betlemme per il censimento, quando governatore della Siria era Quirino e allora la data di nascita di Gesù dovrebbe essere spostata in avanti di 6/7 anni.
Betlemme stessa, come luogo di nascita dei Messia, sembra poco probabile. Si tramanda così per accreditarne la discendenza da David, come volevano i testi profetici (Michea 4,1). E’ più verosimile che sia nato a Nazareth, ma allora forse si sarebbe dovuto attribuire fiIologicamente a Gesù l’epiteto di Nazaretano e non di Nazareno, che significherebbe più propriamente appartenente alla setta nazarena di cui ci parla Epifanio.
Quanto al giorno di nascita, poi, non si può asserire quasi nulla, in quanto i Padri stessi della Chiesa avevano suggerito, prima del IV secolo, varie date: 6 gennaio, 28 marzo, 2 o 19 aprile, 29 maggio e 18 novembre.
Il 25 dicembre e’ attestato dal 335/336 (evidentemente non si poté ufficializzarne la data prima del 313, anno dell’editto di Costantino, con cui si liberalizzava il nuovo culto cristiano) e poi e’ riscontrabile nel 354 nel Cronografo Romano, che proponeva un elenco di martiri (Deposìtio Martyrum).
Precedentemente Aureliano aveva voluto dedicare tale giorno al culto di Mithra, il dio dell’iranismo, uccisore del sacro toro, celebrato in antri e templi sotterranei, col suo corteo di sapienti e magusei detti pure pireti (accendítori del sacro fuoco). Ancora prima i Romani avevano dedicato il Solstizio d’Invemo al “Dies Natalis Solis Invicti”, cioe’ al disco solare, che una leggenda faceva nascere con un parto miracoloso dalla Vergine celeste, regina del mondo.
Il culto solare, comunque, ha espressioni ben più antiche (Kheper, Atum, Ra e poi Aton presso gli Egízi, Baal a Baalbeck in Siria e inoltre presso Babilonesi, Assirí, in Persia etc.) Le analogie di data o di altro tipo con i precedenti culti pagani, tuttavia, sono più di una:
il dio egizio Osiride aveva concepito in marzo il figlio Oro (Horas) e questi era nato il 25 dicembre
per i Greci Dioniso era nato da un a vergine il 25 dicembre
stessa data per la nascita verginale dei Budda
gli Scandinavi festeggiano i natali di Freír, figlio di Odino e Frigga, al solstizio d’inverno
i Saturnali erano le giornate (dal 21 dicembre a fine anno) in cui a Roma si festeggiava Cronos (Saturno), cui era anche dedicato l’ultimo mese dell’anno.
Il 25 dicembre stesso e’ una data errata. Era ritenuto infatti il giorno del solstizio d’inverno a causa del ritardo accumulatosi per le imprecisioni del calendario giuliano.
Anche il 13 dicembre, a causa sembra dello steso tipo di errore, in senso inverso stavolta, era stato identificato come giorno solstiziale (cioe’ quello più corto, e la notte e’ detta ‘notte della luce”). Ora si festeggia in tale data Santa Lucia, la santa della luce, in quanto martire accecata.
La distanza, poi, fra le date dal 13 al 25 dicembre dal 25 dicembre al 6 gennaio è costituita da 12 giorni (noti come “calende” che valgono a rappresentare all’inizio dell’anno i 12 mesi futuri (presagio delle calende).
Il ceppo o ciocco, che tradizionalmente si pone sul fuoco a Natale, deve continuare ad ardere (si spegne al mattino e si riaccende ogni sera) fino all’Epifania, per poterne trarre buoni auspici.
Il ceppo messo a bruciare da’ luce e calore, i medesimi doni del sole. E nella saga del nostro Medioevo troviamo l’Albero Secco, detto anche Albero del Sole.
Ed ora siamo arrivati a parlare dell’Albero di Natale, albero di doni, cioè dispensatore di abbondanza e di ogni “ben di Dio” (allo stesso modo dell’albero della cuccagna), come principio di generatività. Nella simbologia dell’Eden c’e’un albero al centro dei mondo, l’Albero Cosmico, l’Asse del Mondo, forza che sostiene ed alimenta l’Universo; ne pone in comunicazione i vari livelli ed è simbolo del luminare maius, il sole.
L’Albero del Mondo veniva raffigurato, nelle miniature medievali, con le radici rivolte verso il cielo, come gli alberi del Purgatorio di Dante, così come l’albero Acvattha indiano. Parallelamente, in altre mitologie, troviamo l’albero paradisiaco Haoma dei persiani, PAC bero del Vello d’Oro degli Argonauti, l’albero delle mele auree del giardino delle Esperidi, etc.
Nel Nuovo Testamento il puiítuale corrispettivo dell’albero edenico e’ l’albero della Croce (per la medievale Legenda Crucis la croce venne costruita col legno dell’albero piantato al centro dell’Eden).
La scelta dell’albero come simbolo del Natale viene fatta risalire da una leggenda tedesca a Martiri Lutero. Non sempre si riscontra l’abete, bensì spesso anche altri alberi come la quercia (si ricorda a Dodona quella sacra a Zeus oppure quella *sacra ai Germani, che secondo un’altra leggenda San Bonifacio abbattè a Geismar, donando poi per compenso un abete), il leccio, il pino, il cedro, il cipresso, il frassino (quello di Odino ed 2 frassino Yggdrasil dell’Edda), l’alloro (che a Creta era chiamato l’albero del Sole), il ginepro (che avrebbe dato riparo alla Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto), l’agrifoglio, il caprifoglio, il pungitopo, il vischio (che i sacerdoti celti della Gallia, cioè i druidi, vestiti di bianco, saliti su di una quercia, nei giorno del solstizio, come ci descrisse fedelmente Plinio il Vecchio, tagliavano con una piccola falce d’oro per farne cadere un rametto su di un candido lino), il biancospino, il rosmarino,la rosa di Natale, la rosa di Gerico, l’edera.
La distribuzione dei doni, in particolare ai bambini, non viene realizzata sempre e dovunque sotto l’albero, ma pure con la consegna diretta da par,.e dì Gesù Bambino, o di Babbo Natale o dei suoi corrispondenti russi Nonno Inverno o Nonno gelo (Died Moroz). Ne’ avviene costantemente a Natale, ma pure all’Epifania (con i Re Magi o la Befana, la “Vecchia” che si brucia o si sega, per ‘buttar via” l’anno trascorso), a Capodanno (festa della Circoncísione di Gesù e festa pure della Madre di Cristo); San Silvestro, che invece ricorre il giorno prima, 31 dicembre ultimo giorno dell’anno, e’ il battezzatore di Costantino, l’imperatore che ha cristianizzato l’Impero Romano (la chiesa di S. Sílvestro a Roma è sorta sull’area del tempio dei sole di Aureliano: altro esempio di sovrapposizione di culti pagani).
In alcune zone viene effettuata, invece, alla ricorrenza di Santa Lucia (13 dicembre) o di san Nicola di Bari -San Nicola di Myra- (ricorrente il 6 dicembre) Santa Claus (San Niklaus) per i Tedeschi e St. Nick per gli Scandinavi ovvero il pìu’ antico progenitore del nostro attuale Babbo Natale che ogni anno riparte dalla sua casa finlandese (a Rovaniemi, in Lapponia) su dì una slitta carica di doni trainata da renne.
Un accenno ai Magi ed al loro corteo, guidato dalla cometa resasi visibile nella costellazione del Leone, simbolo della Giudea. A tale stella faceva riferimento, nel Vecchio Testamento (Numeri 24, 17) la profezia di Balaam, indovino chiamato da Balac, re dei Moabiti, che vedeva insidiato il suo regno da Mose'; sembra che di essa fossero al corrente. i sacerdoti persiani del profeta della religione iranica Zarathustra (Zoroastro).
Dei Magi parla il Vangelo di Matteo, anche se non svela il mistero della loro regalità ne’ della provenienza e non ne menziona neppure il numero. Si pensa che col termine Magi o Magusei si indicassero, allora i sapienti ed i sacerdoti delle religioni orientali. In seguito vennero confusi con i sacerdoti babílonesí (mediorientali), i Caldei, dediti allo studio degli astri, di qui la identificazione con indovini, negromanti, maghi. Il numero più attestato nelle fonti e’, come noto, tre e tre sono anche quelli rappresentati nella piu’ antica pittura conservata: quella del III secolo della cappella greca nella catacomba di Priscilla a Roma. Che fossero poi Re e’ altrettanto incerto e quanto ai loro nomi ne appaiono diversi, in svariati documenti, tutti comunque abbastanza tardi (VI IX sec.) La medievale leggenda aurea di Jacopo da Varagine (Varazze) (ca. 1230 -1298) ne riporta i nomi greci, ebraici e latini: tutti ben differenziati fra di loro.
I doni tradizionalmente recati hanno indubbiamente un significato simbolico: infatti l’oro e’ segno della regalita’, l’incenso della natura divina della missione di Cristo e la mirra del suo destino mortale.
Rimane da dire qualcosa ancora del Presepe, di cui i Magì sono immancabili comparse. Il primo presepe (vivente) sembra sia stato quello rappresentato a Greccio (vicino a Ríeti) da San Francesco d’Assisi, il Natale del 1223, secondo quanto racconta il suo cronista Tommaso da Celano (1190 -1260). Forse non tutti sanno, invece, che la basilica romana di Santa Maria Maggiore, nella quale fu celebrata da Onorio VI la prima Messa di Natale, e’ detta anche di Santa Maria “ad Praesepe’, in quanto custodisce reliquie della Santa Culla (cioe’ tavole della mangiatoia di Betlemme). La costruzione di presepi ha raggiunto spesso, nel. corso dei secoli, elevati livelli di espressione artistica. Alcuni pregevoli esempi, fra i tanti ivi conservati, possono essere ammirati anche presso il Museo del Presepe a Brembo di Dalmine.
FULVIO SCALABRIN